AUTOINTERVISTA

28.05 | 29.05  2016
GRANPALAZZO
Palazzo Rospigliosi, Zagarolo. Roma
SIRTAKI, progetto video tutorial d’artista di Elena Bellantoni e Mariana Ferratto
a cura di Wunderbar – Cultural Project

AUTOINTERVISTA, 2016
quattro domande a Elisabetta Di Sopra

-come nasce il tuo lavoro?
fare l’artista non prescinde dalla quotidianità, almeno per me. Del resto i miei lavori attingono dalla quotidianità. E’ come una necessità, nel senso che facendo la videoartista sento l’urgenza di vedere i miei pensieri, e di vederli proiettati fuori di me per poi renderli fruibili anche agli altri.

– indica il processo che porta alla creazione
non ho un metodo particolare nel procedere. Spesso sono delle immagini mentali, delle esperienze personali che mi suggeriscono come procedere. Hanno una componente emotiva molto forte per me anche se poi cerco di prenderne le distanze. Riuscire a fare l’artista ti permette di essere libera.

– Cosa fai e come organizzi il tuo spazio fisico e mentale, come ti prepari?
Credo che sia necessario avere una certa permeabilità rispetto agli altri. Questo comporta a sentire di più, ad avere le antenne più sviluppate ma anche a soffrire di più. C’è una certa ipersensibilità… le cose non ti scivolano addosso, ma … ti penetrano e ti lasciano un segno. Ed è per questo che c’è questa urgenza di elaborarle e di buttarle fuori… Probabilmente ha un effetto anche terapeutico l’arte, un modo anche per rivedere le tue emozioni i tuoi stati d’animo in un  modo anche più oggettivo vedendoli da fuori. Ha un valore catartico, liberatorio e poi è un atto di generosità verso gli altri perché è un voler condividere le tue emozioni le tue esperienze anche con gli altri.

– come ti metti a lavorare?
La video arte non mi da da vivere. Io faccio dell’altro. Sono grafica, organizzo eventi, lavoro per un’associazione culturale a Venezia ( La Fabbrica del Vedere). Ma forse va bene così. Se ci fosse la componente economica credo di non poter essere libera di esprime le mie emozioni e le mie idee come lo posso fare ora. Protagonista dei miei video sono io. Del resto non potrebbe essere diversamente. Il corpo è lo strumento d’espressione privilegiato nei miei lavori, diventa una metafora del nostro essere al mondo e quindi la videoarte come la musica, come la danza, è un gesto leggero che in realtà materializza il nostro sentire. Delle volte mi avvalgo di performers, di attori non professionisti, mi piace che mantengono quella freschezza quella genuinità che non è dettata dall’atto recitativo. Ed è molto interessante anche entrare nel ruolo della regista dei propri lavori perché li vedi concretizzare. Difficilmente ci sono dialoghi nei miei video. E’ il corpo che parla attraverso dei gesti minimali che si caricano di senso.