Atto di dolore, 3’24”, 2022
“Atto di dolore” è un gesto che potrebbe per certi aspetti, rievocare alcune immagini sacre della nostra cultura cristiana. In realtà vuole essere essenzialmente un atto liberatorio, un desiderio di sentire la vita che scorre attraverso il dolore. Un gesto ripetuto con ritmo sempre più incalzante che sospende il respiro, quasi a voler tentare di aprire il petto a colpi di pietra sino a far sprigionare quel flusso di energia, quella passione che accende il fare artistico.
Elisabetta Di Sopra
Elisabetta non si nasconde. Si offre all’obiettivo fragile, carnale, umanissima. In piena luce. Dove sei? risuona il richiamo biblico ad Adamo, dove siete? Intorno, un’onda scura monta alla vista. Quel sasso che l’artista tiene in mano, i più l’hanno già scagliato, lapidando la speranza, annerendo il sole. Lei non si nasconde, offre il busto alla percossa: il suo gesto purifica, per dolore autoinflitto, tutto il male del mondo. Nessun compiacimento, nessun esibizionismo nell’atto di dolore, mentre il colpo arrossa la cute e, via via, quasi lacera. Nell’iterazione del gesto, Di Sopra libera una volontà ferrea, più severa del punire. Una forza di verità, di denuncia a cui, da troppo tempo, gli artisti sembrano aver rinunciato, in nome di una simbologia riduttiva, di una sostanziale estraniazione. Da troppo tempo l’arte esula dalla realtà, dall’onda scura che si fa bufera, dalla gioia reale, dalla passione. Il gesto di Elisabetta – che ci duole nel profondo, ci coinvolge e commuove – è invece tutta la realtà possibile. La voce di un silenzio che assorda, anche se le labbra restano mute. Dove sei, giustizia? Dove sei, offerta di sé alla vita? Quel moto calibrato, determinato, convinto è ogni nostra esistenza. Elisabetta, con la bellezza di un rito laico, riattribuisce ai nostri atti la dovuta responsabilità, toglie le bende dagli occhi. Dove siamo?Se mai opera ci ha dato il bene, ce lo ha offerto in carne e spirito, questa è Atto di dolore di Elisabetta Di Sopra. Non ascoltarne il grido, non turbarci, quello sì sarebbe autolesionismo. Sarebbe orrore.
Francesca Brandes
Francesca Ruth Brandes vive ed opera a Venezia. Giornalista, saggista e curatrice d’arte, ha scritto e condotto per RadioRai programmi di attualità culturale. Si è spesso occupata di tematiche ebraiche. Ha pubblicato, fra gli altri, per i tipi di Marsilio Itinerari ebraici del Veneto, oltre a testi per il teatro e cataloghi monografici.